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Le calli del pistor a Venezia

Un tempo a Venezia solo i maschi potevano vendere il pane..

La toponomastica veneziana include numerose calli del Pistor (proprio in una di queste, a Cannaregio, si trova un locale ben noto ai lettori di Venezia.net, l’osteria alla Vedova per le sue polpette. Ne parliamo qui). La panificazione, al tempo della Serenissima, era affidata a due differenti arti: i pistori e i fornai. I pistori impastavano, davano forma al pane (per il quale macinavano anche la farina) e lo vendevano una volta cotto; i fornai erano invece preposti al passaggio mancante, appunto la cottura. Al giorno d’oggi, la figura femminile è usuale nelle panetterie (difficile trovare un commesso di panificio maschio). Ma non è sempre stato così: all’inizio del ‘400 a Venezia venne vietata la presenza di donne venditrici nelle botteghe dei pistori (fatta eccezione per le schiave comprate), per evitare che tra di esse ve ne fossero di dubbia moralità, cosa che (secondo l’autorità, che era maschile) avrebbe potuto comportare problemi di ordine pubblico. Certo è che la fantasia degli uomini galoppava, al pensiero di una bella panettiera; e non parlo solo di venditrici. E’ innegabile: impastare il pane è un atto carico di sensualità. Nel libro “Il pane a Venezia” di Daniela Milani Vianello, dato alle stampe dal Centro Internazionale della Grafica di Venezia nel 1988, vien trascritto un sonetto di Dario Varotari (figlio del pittore Alessandro più noto come il Padovanino – n.b.: nel libro citato, la data di nascita si riferisce erroneamente al padre e non al figlio) che rende bene l’idea…   La Liseta pistora   Ho visto l’altro dì sora l’albuol la mia Liseta a volzer un paston svelta cussì che averò ben rason se dirò, per custia, che ‘l cuor me diol.   Parea che ‘l pan fusse impastà dal sol, oh che man, oh che brazzo, oh che galon! sentiva el cuor che fuora del polmon me sbalzava fin là su ‘l panariol.   Da quela volta in qua no so che sia più ben de mi; no g’ho vigor che basta per star in piè; la forza m’è andà via.   Cussi amor me combate e me contrasta, senza pietà, cussì Liseta mia del mio misero cuor doma la pasta. Testo a cura di Elisabetta Tiveron ideatrice del Blog  PaneMiele

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